Elio Mercuri (inedita, 1983)
La pittura per Giuseppe Fioroni è atto magico, realizzazione del sogno eterno dell’uomo di ritrovamento, al di là di ogni caduta e morte, nella realtà e nell’unità del cosmo. Le sue raffigurazioni prendono corpo oltre la loro esistenza materiale, sono immagini che emergono dal profondo, ancora in contatto in una parte di sé col magma incandescente che precede ogni individuazione segni di un legame di mistero ed enigmatiche presenze. Sono in una forma o stato intermedio, tra la loro appartenenza al mondo, nell’irripetibilità di una vita e di un destino e il loro essere emergente della nostra psiche, apparizioni che evocano la necessità di un passaggio che non trova mai il finale compimento, a metà o ad un tratto del percorso, quasi che la trasmutazione che la riveli nell’incarnazione, di resurrezione da ogni possibile morte, sia nell’aria, prossima a venire, incombente, ma mai esperienza di visibile trasfigurazione. E il mistero col quale ogni Crocifissione attende ed è per l’uomo segno di Trasfigurazione, come è presente nell’ultima, forse incompiuta e interminabile grande opera di Raffaello.
Fioroni cerca senza dramma la verità: per sentieri interrotti e percorsi segreti, nel libro e nella atto, nei grandi pensieri della civiltà e nella concentrazione solitaria; nella comunicazione dell’amore e nell’attesa della grazia; soprattutto in ciò espressione autentica della sua terra, di Santo Francesco e di Giotto, nell’attenzione assoluta alla realtà e dignità di ogni Creatura. Cerca l’altro: tutto ciò che riusciamo a vivere nel desiderio, e nel sogno, o nella tensione creativa dell’arte.
La pittura ritrova tutta la sua funzione per la quale è “pur anco filosofia”, ma in modo insormontabile visione, cioè partecipazione tramite il visibile, alle radici profonde. Le grandi scoperte delle scienze naturali sono generalmente dovute alla comparsa di un nuovo modello archetipico di descrizione della realtà. Le immagini, gli Archetipi che occupavano la mente degli alchimisti, e costituiscono la chiave del “libro dei Geroglifici”, erano gli stessi che ricorrono nei nostri sogni e nei nostri tentativi di comunicazione tra i sessi.
La suggestione è interna a questo atto di amore, che dal “Primo motore” nella meraviglia delle “Gerarchie Celesti” si propaga e diffonde, ad ogni frammento di vita. Per questo la pittura per Fioroni è forza che riattiva le Grandi Cosmologie: attraverso il vissuto dell’esistenza e il valore della storia; i gesti dell’uomo e gli eventi del mondo: la civiltà e il Piano degli Astri. La si può concentrare in un punto, in un colore, rosso fuoco, bianco luna, oro sole, o includerla nella rappresentazione di una folla; esistenza o rito, o linea di orizzonte e filo d’erba; o soltanto ombra e silenzio: il senso è lo stesso, nel suo essere mistero e nel suo farsi nostra verità. E’ segno che in noi è il potere del verbum che si fa carne. Cercando riusciamo a sottrarci al dominio della contingenza, alla situazione specifica in cui siamo, e veniamo proiettati in un altro mondo, in un universo che non è più il misero, ristretto universo di ogni giorno. Dio è anche il totalmente Altro, l’essere misterioso con cui non si può entrare in rapporto, proprio come non si può entrare in rapporto con i misteriosi fenomeni della natura.
Fioroni ha vissuto la ricerca della Quintessenza; ha meditato la “macchina” della memoria, nel suo essere segno di questa irrinunciabile aspirazione dell’uomo a ritrovare attraverso gli “eroici furori” il luogo dell’unità, della “coineidentia oppositorum”; la concordanza e la corrispondenza tra macro e microcosmo per cui “come in alto” così “in basso”, soprattutto attraverso la pittura ha avuto la percezione del manifestarsi dell'”Archetipo” come fenomeno naturale. L’uomo sperimenta la natura come dotata di un aspetto luminoso e divino. E il corpo e la psiche non sono più forze in contatto e diverse, ma aspetti di una sola verità.
Alchimista, non opera più la trasmutazione dei metalli; ciò che prima era iniziazione al mondo, ora diventa “creazione” di sé, e afferma la concezione Il mulino di Amleto simbolica e rituale, religiosa, contro quella del messaggio convenzionale e sulla improvvisazione. La pittura è “chiave” che ci lascia vedere ciò che affiora e la radice nascosta; l’impatto con la materia e il liberarsi della vita; l’opacità del colore e la sublimazione della luce; il motivo singolo e il suo realizzarsi, in evento e in eternità; il “qui” ed “ora” in tutto il suo struggimento di nascita e di morte, e la sua collocazione sul piano del non tempo, nel cielo unico e infinito dove il divenire si raccoglie nella totalità dell’essere.
Viviamo il grande “viaggio” e l'”eterno ritorno”. Un’apertura verso il Grande tempo, verso il tempo Sacro Tutta la ricerca di Fioroni trova qui il suo “centro”; nel bisogno struggente di ristabilire il contatto, di individuazione di sé in qualcosa che non è separazione, che unifica l’istinto e la mente, che nella semplicità recupera il mistero sublime del simbolo: la Croce – albero – albero della vita: la storia, i quotidiani avvenimenti come figura del piano e del disegno Eterno. Possiamo così sopportare persino la pena, la “discesa agli Inferi”: dare viscere e sangue all’oscurità e al male, perché ormai sappiamo per prova di esistenza, che tutto ciò non può durare in eterno. Ed ogni morte è attesa di Resurrezione.
E così che una vicenda di civiltà artistica, dell’arte Umbra in una linea ininterrotta da Giotto a Raffaello; per Fioroni esperienza viva della combustione e del dramma di Burri e della visione rasserenata da superiore saggezza della sacralità e del mistero della vita, la cultura alchemica e il senso attivo della dimensione magica del mondo, come in un “crescendo” musicale, trovano punto di equilibrio e affermazione nella pittura di Fioroni in questo suo tendere ad una maturità che già è segno e traccia di nuovi percorsi.