Lucio Scardino

Lucio Scardino in “Singolari contaminazioni”

…. Il suo cosmo figurativo germina forme che talora possono essere larvali, quasi ectoplasmatiche, mentre più spesso recuperano con originalità un’iconografia consolidata, facilmente riconoscibile: i tarocchi, i segni zodiacali, le leggende cavalleresche, il Vecchio e il Nuovo Testamento, i Fioretti di San Francesco.

 

Partendo dal cuore dell’Umbria francescana e metabolizzando empiti religiosi, oniriche “fabule”, angoscie esistenziali con la sensibilità di un uomo del XXI secolo, Giuseppe Fioroni ha delineato via via negli anni (oggi ne ha 64) un diorama figurativo che fascinosamente miscela automatismo, surreltà ed etnografia.

 

Tra forma e non-forma egli ha composto una pinacoteca in itinere che s’arricchisce continuamente di stimoli e sollecitazioni: autodidatta scaltrito, egli conosce i racconti narrati dai cantastorie in dialetto, ma altresì Chagall, ha letto la Bibbia, ma anche Pinocchio, manipola sapientemente la materia (ha lavorato persino la ceramica) ma può permettersi ad un tempo di risolvere tutto nel puro “gesto”.

 

Insomma, Fioroni compie una singolare contaminazione fra “memoria colta” e rito ancestrale, apparente candore stilistico e forte senso mistico, idealmente saldando Perugia a Parigi, Gerusalemme ad Assisi.

 

I suoi eroi non sono gli irrisolti personaggi pupazzettati da pittori col mito di Mirò: bagatti e burattinai, gnomi e clowns, fisarmonicisti e zigani divengono espressione di uno spirito libero e liberato, che rifiuta qualsivoglia stereotipo, manifestando spesso un ritmo fabulatorio vivace, quasi festoso, con una genuinità che non è mai né compiaciuta né artificiosa. Ma Fioroni nel delineare il suo mondo espressivo si ricorda nel contempo delle teorie junghiane, concepisce la pittura come un gioco ritualistico, delinea uno spazio spirituale, vi imette le tracce dei suoi viaggi, il ricordo del Museo.

 

Omaggi espliciti alla cultura dell’ antico Egitto, alle miniature medioevali, alle pale d’altare del Rinascimento s’evidenziano in molti suoi dipinti: Fioroni è un vero “alchimista” della pittura, un poetico manipolatore di miti e riti, facendosi così annoverare tra i migliori rappresentanti dell’arte umbra contemporanea, quella che nel Novecento ha visto all’opera maestri quali Dottori, Norberto, Bacosi.