Vittorio Sgarbi

L’ANIMA SEGRETA DELLA PITTURA
VITTORIO SGARBI per la presentazione del volume “Giuseppe Fioroni Opere 1974-2004”

E’ un mondo allo stesso modo intimo e appartenente alla sfera personale di ognuno di noi, frutto creativo della memoria personale e collettiva, quello evocato dall’arte di Giuseppe Fioroni. Un mondo senza luogo e senza tempo, ma che rimanda a un Medioevo inteso non tanto come secifico periodo storico, quanto come categoria dello spirito e dell’immaginazione, dimensione dello spirito ancora vergine. Un Medioevo puro che non è nei libri di storia, ma dentro le nostre anime, mescolandosi liberamente ad altre suggestioni solo apparentemente in contraddizione con esso, il fascino dell’antico Egitto il rispetto per la tradizione rinascimentale centro-italica da cui Fioroni, umbro puro, sente istintivamente di provenire. Un mondo ancora convinto della necessità della figurazione del racconto, del mito, della favola, della parabola, della sacra scrittura, del simbolo, dell’emblema, dell’allegoria, della narrazione come sermo cotidianus in cui reale e irreale si confondono per rivelare sotto metafora il senso primordiale delle cose, l’uomo che si confronta francescanamente con la propria vita e con la natura, con il bene e con il male con il divino e il dannato.

 

Un mondo che è un carro di Tespi, sempre pronto a alzare il sipario, dovunque trovi applicazione , dal dipinto ala ceramica, e a offrirsi come spettacolo di se stesso, teatro permanente in cui ognuno è destinato a essere il personaggio di una recita, ognuno a vestire un costume di scena. La recita è a soggetto, non sempre i personaggi danno l’impressione di comprenderla e condividerla, ma non esitano a seguirla con dedizione totale, marionette di un gioco immensamente più grande del loro. Sono mossi da una forza sotterranea e irresistibile, quasi orfica, volta spontaneamente al conseguimento del piacere, un’anima segreta dell’universo che annulla le individualità a favore del gruppo e trova nella convivenza la forma suprema di sopportazione del vivere.

 

La lontananza è notevole, almeno dal punto di vista visivo, ma questo teatrino di Fioroni sembra talvolta condividere la stessa visione del mondo di Giandomenico Tiepolo negli affreschi carnevaleschi di Villa Valmarana, la stessa animazione viscerale, chissà se anche lo stesso tipo di critica all’ottimismo illuminista. Ma ciò che in Tiepolo è fastidiosa insensatezza dell’uomo, in Fioroni diventa dolce delirio di una vita che adeguandosi ai ritmi della natura e della storia diventa sogno, senza alludere ad alcun dramma.

 

In questo clima di sospensione nel quale nessuno sembra poggiare i piedi per terra, neanche coloro che guardano le opere di Fioroni, in queste atmosfere vaporose e ovattate, aleggia un senso del magico che riesce a far quadrare il caos primordiale come per miracolo, il mistero atavico che tutto decide e conduce. Solo un accenno di inquietudine in quelle espressioni bloccate a attonite, prive di intenti comunicativi, che non sapresti se interpretare come manifestazione di atarassia, di appagamento o di insoddisfazione. Evidentemente, anche nel mondo creativo di Fioroni, la felicità non è un traguardo scontato, ma va conquistato momento per momento, goduto goccia dopo goccia.

Un mondo semplice e popolare, quello di Fioroni, perché fatto di valori concreti e immediatamente percepibili, valori che siamo abituati a condividere come patrimonio comune delle abitudini dei nostri avi, dei nostri padri, di noi stessi, ma non certo rozzo e popolare; dotato anzi di una sua particolare delicatezza, pieno di saggezza secolare nella sua serenità da filastrocca, morbido sotto la scorza grezza, per niente compiaciuto quando conduce la vena primitiva, memore di Chagall e di Matisse, fino a sfiorare la soglia del naïf. Figure come bambocci, soavi e incantati, corpi che vengono stilizzati da un segno netto e solido, da un gesto rapido e senza ornamenti superflui; forme nel complesso regolari, dotate perfino di un loro equilibrio classico, ma che viene subito smentito, almeno quando siamo lontani dalle ceramiche, da colori sfumati e irrealistici, filamenti che levano alla materia molta della sua consistenza, generando nuvole colorate che si formano e si disfano nel cielo della figurazione, sempre in modo irregolare e imprevedibile.